venerdì 9 novembre 2012

Aufwiedersehen, München!



Monaco è stata una bellissima sopresa. Non conoscevo la Germania, a parte Berlino, e a dire il vero non mi ero mai sentita particolarmente ispirata a scoprirla, ma da quando sono tornata non faccio che pensare a quante altre città tedesche vorrei vedere...Amburgo, Dresda, Francoforte...ahhhh!! La pianificazione del viaggio è stata interamente mia, visto che Luca ha saputo solo due giorni prima dove saremmo andati...mi sarebbe piaciuto dirglielo direttamente in aeroporto, ma doveva pur fare la valigia :D e del resto ho voluto dargli il tempo per studiarsi online il tragitto aeroporto - albergo, visto che la mia praticità è un po' carente ed è meglio che di queste cose si occupi lui :)
Il volo è stato perfetto, sia all'andata che al ritorno: sia benedetta la Lufthansa! L'albergo era uno Sheraton quindi nonostante le 4 stelle e la posizione strategica (nonché l'irrinunciabile offerta su booking.com) era un po' freddino: più adatto a soggiorni d'affari che a una vacanza romantica. In ogni caso ci stavamo solo per dormire e la fermata ad un metro di distanza era mooooolto comoda!



Appena arrivati, giusto il tempo di posare le valigie e già eravamo in Marienplatz, il cuore della Altstadt (città vecchia). La giornata era calda e soleggiata, il tempo è stato bellissimo per tutti e 4 i giorni, una meraviglia!



Sulla strada che conduce alla piazza si incontra la Frauenkirche, la Cattedrale di Monaco, il simbolo della città con la sua famosa "impronta del diavolo": l'impronta di un piede (o una scarpa?) su una mattonella del pavimento. In teoria, se si appoggia il piede sinistro in corrispondenza dell'impronta, non si vede nemmeno una delle numerose e immense finestre della cattedrale. Ora, siccome io invece ne vedevo almeno quattro, mi ero fissata e rimanevo lì a fare i tentativi rubando il posto ai bambini che scalpitavano dietro di me. Boh, sarò il diavolo? Luca ne è convinto :)


Giusto il tempo di guardarci un attimo intorno che ci siamo letteralmente catapultati nella mitica Hofbrauhaus. Che dire? Lasciamo parlare le foto :D




Ovviamente eravamo affamatissimi (e quando mai??) e siccome noi siamo amanti della cucina leggera (...) ci siamo scofanati una zuppa di cipolle (divina, non vedo l'ora di rifarla)


 wurstel bianchi, rosa e di tutti i colori a go-go (che non ho fatto in tempo a fotografare e questo la dice lunga) e un'insalata di patate tedesca con i controfiocchi che io adoro e della quale mi era rimasta una gran voglia da quando l'avevo mangiata a Berlino (nel 1998!)



In questa (enorme) rastrelliera i boccali lucchettati riservati ai clienti storici!


Il giorno dopo, vista la giornata meravigliosa, abbiamo deciso di andare all'Englischer Garten. Un posto incredibile, il polmone verde della città che si estende per ben 374 ettari. Mai e poi mai mi sarei immaginata che nel cuore di una città come Monaco potesse esistere un tale tripudio di natura. I colori autunnali erano mozzafiato e avevo la netta impressione di essere circondata da gente FELICE. Cosa che in Italia purtroppo non mi capita da molti, molti anni. I Monacensi vivono in una città bella, esemplare, a misura d'uomo, dove per spostarsi da un luogo all'altro non c'è che l'imbarazzo della scelta (metro? bici? autobus? macchina? tanto funziona tutto!) e che possono scegliere di passare una giornata di sole in un posto del genere, al centro della città...













Cammina, cammina...dove ci siamo ritrovati? Ma ovviamente sotto la Chinesischer Turm, una pagoda cinese a cinque piani costruita alla fine del '700, bruciata nel 1944 e ricostruita nel 1951, attorno al quale si trova un bellissimo Biergarten...





...dove Luca si è gustato la sua litrata di birra e io (vergogna!) un caffè :)


Dopodiché, un salto all'Olympia Zentrum dominato dall'alta torre della televisione (290 metri) dove io non sarei salita manco morta causa vertigini fulminanti


di fronte alla quale c'è la sede della BMW con il suo "Quattro Cilindri"


e il Museo dentro al quale c'era ogni sorta di macchina e moto  BMW


A quel punto, nonostante la stanchezza cominciasse a farsi sentire, abbiamo ripreso la metro e siamo andati a vedere....lo Stadio!! Devo ammettere che me ne fregava quasi meno di zero, ma Luca è fissato con il calcio e voleva vedere da vicino questo famoso Allianz Arena, che in effetti è davvero bello: ogni tot minuti cambia colore (non ho capito in base a cosa, ma potete approfondire qui) e l'effetto di notte è molto suggestivo...


Sono molto fiera di questa foto che trovo degna di un gran fotografo :D

E la sera...con le gambe a pezzi siamo andati a mangiare in un ristorante vietnamita davvero carino, Annam, nel quartiere secondo me più bello di Monaco, quello nei dintorni di Gartnerplatz. Ed ecco il mio fantastico pollo con latte di cocco (e circa sei kg di peperoncino che mi hanno dotato per tutta la sera di due labbra molto Dellera style)


Il giorno dopo eravamo più di là che di qua. Decisamente non siamo abituati a camminare 12 ore al giorno e io dopo 2 ore dal risveglio mi sarei rimessa volentieri a letto per due settimane, MA la voglia di farevedereandarecamminare era troppa, e quindi eccoci di nuovo in Gartnerplatz per una colazione a dir poco fantastica al Backspielhaus, Klenzestr.36, dove ci hanno servito cornetti, krapfen, ciambellone e caffè americano. Ah, e abbiamo mangiato all'aperto.Senza giacca. A Monaco. A novembre. Cioè.


Gartnerplatz

A quel punto, pur con quei due euro in croce che attualmente mi ritrovo in tasca, ho convinto Luca che era giunto il momento di fare un po' di shopping. E decisamente quello era il quartiere giusto, ma purtroppo (o per fortuna) il mio occhio shoppingaro - clinico e ben allenato - non mi dirige mai su merce di scarsa qualità. Per dire: in 4 giorni ho visto solo due cose che avrei comprato. Una borsa artigianale meravigliosa (490 euro) e un paio di scarpe fantastiche (600 euro) e siccome io, niente, non riesco mai a farmi piacere roba economica, me ne sono tornata a casa con 2 magnetini per il frigo :) E manco quelli erano economici: 5 euro l'uno!! Abbandonate quindi le velleità shoppingare, arriviamo nel meraviglioso, fantastico, strabiliante Virtualienmarkt.



Un'esplosione di colori, profumi, cibi e sapori. Ma soprattutto un'esplosione di verdure di tutti i tipi! Giuro che la prossima volta che qualcuno mi dice che in Nord Europa non si trova la verdura che si trova in Italia e blablabla gli do una martellata sui denti. Non ho MAI visto un tale assortimento di spezie e verdure di ogni tipo. Io che sono appassionata di sperimentazioni culinarie avrei davvero messo le tende in un posto come quello. E i Monacensi ce l'hanno a due passi da casa. Li odio. Godetevi questo posto incredibile e, naturalmente, fermatevi a pranzo per due wurstel, un bretzel e qualche litro di birra ;)



 






Una sorta di albero della cuccagna, decorato da scene di vita bavarese


E con questa godereccia immagine del Bretzel concludo un post che mi è costato un giorno intero di lavoro (noi romani semo lenti) e mi ha fatto capire che se per scrivere il resoconto di un viaggio di 4 giorni ho fatto tutta 'sta fatica, mi sarà umanamente impossibile scrivere del Costa Rica dove (tra anda e rianda) sono stata 6 mesi. Mi servirebbe tipo un anno durante il quale non mi schiodo mai dal pc. Tocca trovare un modo più veloce.

martedì 2 ottobre 2012

No Alpitour? Ahi ahi ahi!

Foto: Morguefile


Chi ama viaggiare, sarà d'accordo con me: non si può ricevere regalo più bello di un viaggio, specialmente se:
a) non si aveva idea fino a quel momento del tipo di regalo che si sarebbe ricevuto
b) non si aveva idea fino a quel momento che dopo una settimana ci si sarebbe trovati da qualche altra parte.
La precisazione al punto a), che a molti sembrerebbe ovvia, nel mio caso non lo è, perché io indovino sempre, da sempre, qualsiasi regalo si stia tramando alle mie spalle. Mi basta un accenno, uno sguardo, un gesto...e io zac, irrimediabilmente indovino! Ecco perché il regalo che Luca mi ha fatto per il mio compleanno (a giugno) mi ha stupito veramente tanto: non me lo aspettavo proprio!
Nei giorni precedenti lo avevo tartassato: "E dai, dammi un indizio, piccolo ma dammelo!", ma per fortuna lui, che conosce la sua polla, era stato attento a mandarmi totalmente fuori strada, quindi io stavolta sul serio non avevo idea di ciò che mi avrebbe regalato.
E dunque, quando il mio amato mi ha fatto gli auguri allungandomi una semplice busta, il mio cuore ha avuto un sussulto. All'inizio ammetto di aver pensato che forse ultimamente mi ero lamentata un po' troppo della mia situazione finanziaria e che nella busta ci fossero i soldi, ma quel fulmineo pensiero (che ovviamente non ho avuto, sto scherzando) ha lasciato spazio alla gioia più pura quando l'ho aperta e ho visto che conteneva...un itinerario di viaggio!
Per dove? Uhm....vediamo....
Beh, se voleva stupirmi, ci è riuscito doppiamente!

Faccio una premessa: in tempi non sospetti (qualche mese prima) avevamo avuto la seguente conversazione:
Luca: Ti piacerebbe andare a Sharm?
Io: Per carità, manco morta!
L: E perché?
I: Anzitutto odio i villaggi turistici e a Sharm ci sono solo quelli. Secondo: odio i posti frequentati esclusivamente dagli italiani e a Sharm ci sono più italiani che egiziani. Ma soprattutto soffro di vertigini e se mi infilo una maschera e l'acqua sotto di me è più profonda di 50 cm, svengo. Quindi non posso fare snorkeling e quindi che ce vado a fà?

Ok, con questi presupposti, immagino che nessuno al mondo si sarebbe mai aspettato che mi regalasse una settimana a....Marsa Alam!

Vedendo la mia espressione - felice ma al contempo assai perplessa - il mio amato e intrepido uomo si è affrettato a rincuorarmi dicendomi che anzitutto Marsa Alam non era Sharm (e non fa una piega), poi che aveva scelto un Hotel bellissimo che ben poco aveva del classico villaggio vacanze (uhm...qui avevo qualche dubbio), che non era frequentato da italiani (a questo proprio non ci credevo :P) e che per quanto riguardava lo snorkeling nel Mar Rosso....era secondo lui un'esperienza talmente bella (è stato a Sharm qualche anno fa) che non potevo perdermela, e avrei dovuto almeno tentare di vincere le mie paure e immergermi. Beh, devo ammettere che aveva ragione su tutta la linea. Soprattutto sullo snorkeling che, dopo i primi minuti di panico puro, mi sono goduta alla grande e che ho trovato un'esperienza a dir poco bellissima. E quindi grazie Luca! Sei stato coraggioso a farmi un regalo del genere, ma ti ha detto bene :) (A mio favore c'è da dire però che io sono una tipa che se ha una paura fa l'impossibile per vincerla. Ad esempio avevo paura di viaggiare da sola, ma talmente tanta paura che un bel giorno ho prenotato un volo per l'Argentina e ci sono andata. Da sola. E ci sono rimasta più di un mese).

Per concludere, il mio pregiudizio sulle località del Mar Rosso (che poi io il pregiudizio ce l'avevo soprattutto su Sharm) si è in parte ammorbidito e questo specialmente grazie alla barriera corallina, che in quei posti è meravigliosa e toglie il fiato. Sembra di nuotare in un acquario...
Non è bellissimo? Peccato non aver avuto una macchinetta subacquea professionale!



La scaletta dalla quale risalivamo
Io e Luca 3 metri sotto il mare :)
 
 

Per arrivare dall'albergo al reef bisognava percorrere un pontile lunghissimo e molto suggestivo alla fine del quale si arrivava a una piccola piattaforma in legno, a ridosso della barriera corallina. Noi restavamo sul molo fino al tramonto, perché lo spettacolo da lì era meraviglioso!
 
 
 
 

Una volta abbiamo visto un branco di delfini in lontananza, e subito dopo un'enorme e bellissima tartaruga marina, proprio sotto di noi. (Peccato che nella foto non si veda perché si mimetizza perfettamente con gli scogli e la flora marina, quindi non l'ho messa.)
La spiaggia era bella, la sabbia era bianca, il mare caldo e trasparente, ma con la bassa marea l'acqua si ritirava e si allontanava tantissimo rendendo il panorama strano e inusuale.
 
 
Ogni tanto poi, davanti a noi passava qualche cammello :) 
In definitiva, proprio un bel viaggetto, che ha lasciato a entrambi la voglia di tornare in Egitto, ma stavolta per vedere il Nilo, le Piramidi, il Cairo... sarà un viaggio che prima o poi faremo! Nel frattempo, sto preparando anche io per lui una bella sorpresina: un weekend lungo in una città che sicuramente non si aspetta :) E che ha una caratteristica che io amo, mentre lui un po' meno...ihihih

lunedì 1 ottobre 2012

"Nessun vascello c'è che come un libro possa portarci in contrade lontane..."


Quando ho creato il blog, pensavo che sarebbe stato solo una sorta di bacheca virtuale sulla quale appuntare le mie impressioni e sensazioni sui viaggi e sui weekend in giro per l'Italia e per l'Europa. Il giorno seguente, però, già stavo lì che parlavo di una ricetta. E il giorno dopo ancora avevo voglia di recensire la mia ultima lettura. Così ho capito che non sarebbe mai stato un blog monotematico, perché altrimenti non sarebbe stato mio. Io sono tutto tranne che "mono" qualcosa. Io sono "poli". A me piace tutto, mi interessa tutto, mi stufa anche tutto dopo un po', ma almeno posso dire di averlo sperimentato. Negli anni però sono riuscita a isolare alcune cose che nonostante tutto non mi stancano mai: viaggiare, mangiareberecucinare e leggere. In realtà ce ne sono tante altre, a occhio e croce un'altra ventina, ma vengono subito dopo queste tre e soprattutto non c'entravano nell'intestazione del blog :P

Eccomi quindi a parlare di un libro che ho letto da poco: "Educazione siberiana", di Nicolai Lilin. L'ho pescato a caso una sera di qualche giorno fa dalla mia libreria che somiglia davvero a una libreria (nel senso "negozio di libri") specialmente perché, conoscendo la mia natura di lettrice onnivora e compulsiva, la gente non fa che regalarmi libri a ogni occasione. E poiché passerei volentieri la mia vita a leggere e basta, ma ogni tanto devo fare anche qualcos'altro, la mia meravigliosa libreria pullula di libri intonsi, la maggior parte dei quali non ricordo più chi me li abbia regalati. E' il caso di "Educazione siberiana", il cui prezzo coperto da un'etichetta è l'unico indizio che parla di un regalo. Da parte di chi, non lo so. E mi dispiace, perché vorrei ringraziarlo/a: di rado mi regalano libri capaci di appassionarmi (oltre che onnivora e compulsiva sono anche una lettrice un po' snob). Ma torniamo al libro. Anzitutto contiene in sé due premesse fondamentali per riuscire a catturare la mia attenzione: 1) è ambientato in un paese che non avevo mai sentito nominare (!) 2) racconta, in forma autobiografica, la vita di un ragazzo (l'autore) all'interno di un clan criminale siberiano, gli Urca. E siccome nemmeno degli Urca avevo mai sentito parlare, la quarta di copertina mi ha convinto da subito. Se a questo aggiungiamo che il libro è scritto veramente, ma veramente bene: voilà. Il quadro è completo. Un gran bel libro, non c'è che dire. Consigliatissimo.

Però, però.
Mentre leggevo, qualche domandina cominciavo a farmela. In primis, continuavo a chiedermi come avesse fatto l'autore a scrivere direttamente in italiano (e che italiano!) essendo lui russo ed emigrato nel nostro paese solo da pochi anni. Se a questo aggiungiamo che ha passato la sua intera vita a fare il membro del clan siberiano degli Urca e non rinchiuso in uno studio come Leopardi, mi sembrava ancora più strano. Ma al di là della forma impeccabile in cui il libro è stato scritto, c'era anche qualcos'altro che non mi tornava, anche se non riuscivo a capire cosa. Allora che faccio? Mi metto ad indagare. E piano piano esce fuori una storia che un po' di amaro in bocca me l'ha lasciato, lo ammetto: Nicolai Lilin si è inventato tutto quello che scrive. Tutto.
A scoprirlo pare sia stata una giornalista de "La Stampa", Anna Zafesova la quale, curiosa quanto me ma a differenza di me provvista di mezzi che glielo consentivano, ha preso un aereo ed è partita per la Transnistria. E che ha scoperto? Che Nicolai Lilin in effetti era un po' più un tipo alla Leopardi che alla Libanese, che fin da ragazzino leggeva tanto, era curioso e inventava storie. Proprio come quella che ha raccontato in "Educazione siberiana".

Ovviamente Lilin ha smentito tutte le conclusioni a cui la giornalista era giunta - e che aveva messo nero su bianco in un bell'articolo intitolato "Falsità siberiane" - continuando imperterrito a confermare che tutto ciò che ha scritto l'ha vissuto in prima persona. Sia chiaro: io il beneficio del dubbio glielo concedo pure, tantopiù che - realtà o finzione che sia - il libro resta sempre un ottimo prodotto. Ma non sarebbe stato più onesto e interessante ammettere - nel caso - che la sua opera era frutto della sua fantasia anziché il racconto della sua vita? Io, per dire, l'avrei sicuramente stimato di più, poiché apprezzo più la capacità di inventare, che quella di raccontare.

E comunque, continuo a pensare che, sostanza a parte, per la forma dovrei congratularmi con qualche talentuoso e sconosciuto editor di Einaudi, più che con Lilin.

P.S. Il titolo è l'incipit di una poesia della meravigliosa Emily Dickinson (la amo):

Nessun vascello c’è che come un libro
possa portarci in contrade lontane
né corsiere che superi la pagina
d’una poesia al galoppo -
Questo viaggio può farlo anche il più povero
senza pagare nulla -
tant’è frugale il carro che trasporta
l’anima umana.

venerdì 21 settembre 2012

Ode all'autunno

 
Foto: MorgueFile
Autumn Leaves, foto di David Wagner
Foto: MorgueFile

Io adoro l'autunno. Sarà che lo vedo come un'ancora di salvezza dopo i mesi di caldo torrido e di notti insonni passate a sudare. Sarà che i colori e i sapori autunnali sono i miei preferiti. Sarà che ben si addice a quella parte malinconica di me che di rado mi permetto di vivere pienamente. Di sicuro c'è che l'autunno risveglia in me tutte le velleità di pseudochef che in estate vanno tristemente in letargo visto che la mia cucina nelle giornate estive si surriscalda ai livelli di una sauna finlandese. Il problema, se così lo vogliamo chiamare, è che l'autunno a Roma non arriva prima di ottobre inoltrato, anzi a volte si fa attendere fino a novembre. Ma io sono una persona impaziente e il primo giorno di autunno mi metto a sfornare piatti di stagione anche se fuori ci sono 36 gradi. Più che impaziente in effetti dovrei dire incosciente. In ogni caso, la Pasta e Ceci che ho preparato ieri era goduriosissima.







L'ho cucinata spesso, seguendo ogni volta una ricetta diversa, ma la migliore è senza dubbio quella di Giallo Zafferano.

E saluto l'autunno che sta arrivando con le parole della meravigliosa Emily Dickinson:

“Sono più miti le mattine
e più scure diventano le noci
e le bacche hanno un viso più rotondo,
la rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia,
e la campagna una gonna scarlatta.
Ed anch’io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello”.